The Walking Poet
Da Torino a Venezia

“The Walking Poet è una battaglia di una guerra personale col proprio corpo, è una performance, mascherata da evento fighetto.”
Vi presento Alessandro Burbank, per gli amici Burbi: poeta, performer, portabandiera della poetry slam italiana, organizzatore di eventi culturali, ma soprattutto un grande sognatore che persegue con tenacia l’obiettivo di fare poesia.
Neanche il suo sbalorditivo curriculum di esperienze è bastato a sottrarlo dal baratro di questa pandemia che ha colpito indistintamente tutto il settore dell’arte e della cultura. Oggi, dopo un anno di fermo, Burbank torna a stupirci con un nuovo evento che prende il nome di ‘’The Walking Poet’’: un rocambolesco viaggio che sembra la trama di un film in cui la determinazione ed il coraggio del protagonista si trasformano in sfide concrete. Il primo di maggio, il nostro poeta contemporaneo partirà per una camminata da Torino a Venezia in onore del suo amico Gwidyon Destefanis, in arte Nebbiolo, cantautore piemontese recentemente scomparso a soli 29 anni. Un’iniziativa che nasce con lo scopo di raccogliere fondi per creare una borsa di studio intitolata a “Nebbiolo” e rivolta ai cantautori under 30 del territorio nazionale. Durante il suo percorso Burbank condividerà un pezzo di strada con altri artisti (reali e virtuali) avventurandosi in tematiche legate alla poesia, alla musica e al mondo dello spettacolo. Il tutto sarà online e live sui social network in una sorta di auto-reportage realizzato con l’aiuto del fratello di Nebbiolo, Yalmar Destefanis.
Insieme alla sua poesia e alla sua ironia dissacrante, Burbank porterà con sé alcuni oggetti che in questo viaggio assumeranno un significato simbolico, trascendendo così il loro uso comune. Tra questi vi è CONOSCENZA, la borraccia realizzata in collaborazione con il brand di design torinese InThinghs.
Se anche tu hai sete di conoscenza, leggi l’intervista di No Name Magazine a questo sorprendente artista.
Chi è Alessandro Burbank?
I nonni con cui sono cresciuto erano contadini. Prima che lo stato dimezzasse i loro già esigui terreni, avevano le mucche e i tori nella stalla, facevano il vino che rivendevano all’ingrosso, tenendosi solo qualche bottiglia. Mentre mia madre lavorava come consulente Feltrinelli, in viaggio tra una libreria e l’altra dello stivale, io crescevo con i nonni, arrampicandomi sopra un grande fico germogliato più degli altri nel terreno dietro i silos. Crescevo tra la cucina con le pentole perennemente sul fuoco, gli orari della vita di campagna, bimbumbam, i campi da arare ed i conigli che prelevavo dalle capponare costruite da mio nonno per accarezzarli, e che poi mi ritrovavo sul piatto, in umido o arrosto. Dormivo in camera con mia prozia Elena che curava tutti i fiori, in particolare i gerani con i quali creava sequenze di vasi colorati lungo il perimetro della casa. Mi manca molto, ancora oggi, dopo tanti anni la zia. Per poter dedicarsi a me in maniera più presente, mia madre ha deciso di cercare lavoro a Venezia, dove aveva studiato Lettere Moderne prima di partire per gli Stati Uniti e conoscere mio padre. Così a 6 anni sono diventato veneziano. Ma se inizio da qui vi scrivo un papiro infinito. La parola “Origini” ha aperto un mondo dietro di me a cui ripenso sempre meno. A Venezia ho iniziato a scoprire la poesia. Una volta, a 8 anni, la maestra mi ha proibito di leggere in classe un testo in rime baciate in cui descrivevo la città anche nei suoi difetti parlando di piccioni che cagano sopra i turisti e di merde di cane sui masegni del 700.


La poesia ha sempre fatto parte della tua vita? Quando hai deciso che sarebbe diventata un lavoro?
A 16 anni ho avuto la fortuna e la spensieratezza di affrontare il mio primo palco. A Venezia per il festival di poesia erotica Baffo/Zancopè che si svolge durante il Carnevale da molti anni. Ero mascherato e ho letto una poesia davanti a molte persone festanti, anche loro in maschera, con i bicchieri di grappa fra le mani. Le loro risate collettive, quegli occhi-premio e il loro applauso finale mi hanno fatto capire all’istante che era quello che volevo fare. La ricaduta pubblica della poesia, la condivisione del mio immaginario con gli altri, filtrato solo dal linguaggio poetico.
Sei uno dei portavoce del Poetry Slam in Italia. Hai voglia di spiegare a noi profani di cosa si tratta?
Il poetry slam è una gara di poesia tra poeti con una giuria popolare estratta a sorte tra il pubblico. I poeti leggono le loro poesie, coadiuvati da un maestro di cerimonie, che conduce la serata. Il pubblico vota da 1 a 10, anche con i decimali, e alla fine delle manches si fa la somma dei punti per decretare il vincitore. È un modo divertente per divulgare la poesia e per i poeti di fare esperienza di palco. Questo tipo di eventi poi, nel mondo, ha creato un “genere” ancora poco indagato di poesia performativa o spoken word meno legato al testo scritto e più alla lettura espressiva, ad esempio Amanda Goreman ha letto una poesia per l’insediamento di Biden come presidente USA. Lei fa slam poetry.
Da quali esigenze socio-culturali nasce questa forma di poesia?
Credo che ci sia in noi il desiderio di condividere esperienze particolari, e renderle ancora più particolari attraverso la poesia, riunirsi in comunità e ascoltare gli altri coi loro diversi modi di essere ed agire fa emergere le radici comuni di ogni dettaglio. Senza rinunciare al sentirsi speciali e unici, anzi, esserlo tutti assieme. E poi si ride e si piange, si riflette e si beve molto. Tipo rituale pagano di espiazione. In molti hanno provato a mettere il poetry slam prima di un concerto o di una serata di ballo, è quasi impossibile. Dopo un poetry slam sei così pieno che tutta la community si riversa fuori dal locale per conoscersi in virtù dell’esperienza vissuta, stando a chiacchierare anche tutta la notte. I poeti che ritornano a casa il mattino dopo il poetry slam, sono i nuovi raver.



Quando ci hai detto che avresti intrapreso una camminata da Torino a Venezia abbiamo pensato che fosse una follia, ma quando abbiamo scoperto che porterai con te la tua poesia, ci è parsa una follia geniale. Parlaci di ‘’The Walking Poet’’.
Ho perso tutto con questa pandemia, i miei spettacoli, i miei ritmi, soldi buttati in un tour saltato, ho perso il mio amico Nebbiolo, fondamentale, che per me significava Torino, la città ancora nuova che ho scelto come casa. Non ho perso i chili di troppo invece, ma ho perso la voglia di muovermi. Ho toccato il fondo, dopo la seconda caviglia slogata in due mesi, ho contattato una personal trainer, Maria Cristina Pini, che grazie alla sua gentilezza e professionalità mi ha fatto rinascere. Sapevo che il mio corpo era l’unica certezza rimasta quando il mio dialogo interiore andava giù negli spazi più bui della mente, col rischio di rimanere lì, la consapevolezza corporea mi faceva ricominciare da un punto nel caos, come un salvataggio di un videogioco. Non devi rifare tutto, ricominci da lì. The Walking Poet non è una camminata di uno super allenato con le motivazioni giuste che sa cosa comprare da Decathlon. È una battaglia di una guerra personale col proprio corpo, è una performance, mascherata da evento fighetto. Perché a me piace così, intrattenere mostrando a tutti le mie fragilità, senza aggiungere pesantezza, come un pagliaccio, lacrima e sorriso sullo stesso volto. Spero molto che nel condividere questo anche altri si mettano in gioco, sia dal punto di vista artistico, come ho fatto con altre iniziative, sia come ora, dal punto di vista fisico.
Come se fossi il nuovo protagonista di una campagna della Nike, porti avanti il messaggio “Just do it”. Pensando ai km che dovrai affrontare, hai mai temuto di non farcela?
Direi “entra nel flusso” tipo “walk the flow” o come da sottotitolo del mio progetto “Cammina, brucia, declama”. Cioè fai quello che ti piace prendendoti cura di te. Mi spaventa solo a dirlo. Perché la mia indole ad ora è quella di stare sul divano o nel letto con la stanza illuminata solo dallo schermo e gli occhi sbarrati. Ma mi sono teso una trappola, di quelle che cadi nella botola tipo Goonies e alla fine è una giostra, un’avventura. Mi tendo spesso delle trappole, non so se lo psicologo consiglierebbe di fare la stessa cosa. Credo che alla poesia sia stato tolto il suo cuore più entusiasmante, la poesia è principalmente un’avventura o viaggio di scoperta, elettrizzante, nel linguaggio e nelle azioni. È una trappola in cui cadi, la botola nel palco di un mago, l’armadio di Narnia, il binario segreto di Harry, una leva a forma di libro.
Come intendi festeggiare una volta arrivato a Venezia? (Covid permettendo)
Arriverò alla libreria Marco Polo, ho già chiesto un microfono e molto vino bianco da frigo.
Una frase che ti rappresenta?
“Più intrepido che intelligente” l’ho anche usata come bio minimale di Tinder. Come si vede dalla locandina di The Walking Poet, curata dalla splendida amica e artista visiva Monica Torasso, il passo è (sempre) più lungo della gamba.

Tutti possiamo contribuire alla nobile causa di questo progetto donando una piccola somma alla campagna crowdfunding dedicata che partirà da domani sulla piattaforma Eppela.
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Leggi l’articolo precedente: Micol Ronchi: La reginetta nerd di Playboy
The Walking Poet
Da Torino a Venezia

“The Walking Poet è una battaglia di una guerra personale col proprio corpo, è una performance, mascherata da evento fighetto.”
Vi presento Alessandro Burbank, per gli amici Burbi: poeta, performer, portabandiera della poetry slam italiana, organizzatore di eventi culturali, ma soprattutto un grande sognatore che persegue con tenacia l’obiettivo di fare poesia.
Neanche il suo sbalorditivo curriculum di esperienze è bastato a sottrarlo dal baratro di questa pandemia che ha colpito indistintamente tutto il settore dell’arte e della cultura. Oggi, dopo un anno di fermo, Burbank torna a stupirci con un nuovo evento che prende il nome di ‘’The Walking Poet’’: un rocambolesco viaggio che sembra la trama di un film in cui la determinazione ed il coraggio del protagonista si trasformano in sfide concrete. Il primo di maggio, il nostro poeta contemporaneo partirà per una camminata da Torino a Venezia in onore del suo amico Gwidyon Destefanis, in arte Nebbiolo, cantautore piemontese recentemente scomparso a soli 29 anni. Un’iniziativa che nasce con lo scopo di raccogliere fondi per creare una borsa di studio intitolata a “Nebbiolo” e rivolta ai cantautori under 30 del territorio nazionale. Durante il suo percorso Burbank condividerà un pezzo di strada con altri artisti (reali e virtuali) avventurandosi in tematiche legate alla poesia, alla musica e al mondo dello spettacolo. Il tutto sarà online e live sui social network in una sorta di auto-reportage realizzato con l’aiuto del fratello di Nebbiolo, Yalmar Destefanis.
Insieme alla sua poesia e alla sua ironia dissacrante, Burbank porterà con sé alcuni oggetti che in questo viaggio assumeranno un significato simbolico, trascendendo così il loro uso comune. Tra questi vi è CONOSCENZA, la borraccia realizzata in collaborazione con il brand di design torinese InThinghs.
Se anche tu hai sete di conoscenza, leggi l’intervista di No Name Magazine a questo sorprendente artista.
Chi è Alessandro Burbank?
I nonni con cui sono cresciuto erano contadini. Prima che lo stato dimezzasse i loro già esigui terreni, avevano le mucche e i tori nella stalla, facevano il vino che rivendevano all’ingrosso, tenendosi solo qualche bottiglia. Mentre mia madre lavorava come consulente Feltrinelli, in viaggio tra una libreria e l’altra dello stivale, io crescevo con i nonni, arrampicandomi sopra un grande fico germogliato più degli altri nel terreno dietro i silos. Crescevo tra la cucina con le pentole perennemente sul fuoco, gli orari della vita di campagna, bimbumbam, i campi da arare ed i conigli che prelevavo dalle capponare costruite da mio nonno per accarezzarli, e che poi mi ritrovavo sul piatto, in umido o arrosto. Dormivo in camera con mia prozia Elena che curava tutti i fiori, in particolare i gerani con i quali creava sequenze di vasi colorati lungo il perimetro della casa. Mi manca molto, ancora oggi, dopo tanti anni la zia. Per poter dedicarsi a me in maniera più presente, mia madre ha deciso di cercare lavoro a Venezia, dove aveva studiato Lettere Moderne prima di partire per gli Stati Uniti e conoscere mio padre. Così a 6 anni sono diventato veneziano. Ma se inizio da qui vi scrivo un papiro infinito. La parola “Origini” ha aperto un mondo dietro di me a cui ripenso sempre meno. A Venezia ho iniziato a scoprire la poesia. Una volta, a 8 anni, la maestra mi ha proibito di leggere in classe un testo in rime baciate in cui descrivevo la città anche nei suoi difetti parlando di piccioni che cagano sopra i turisti e di merde di cane sui masegni del 700.


La poesia ha sempre fatto parte della tua vita? Quando hai deciso che sarebbe diventata un lavoro?
A 16 anni ho avuto la fortuna e la spensieratezza di affrontare il mio primo palco. A Venezia per il festival di poesia erotica Baffo/Zancopè che si svolge durante il Carnevale da molti anni. Ero mascherato e ho letto una poesia davanti a molte persone festanti, anche loro in maschera, con i bicchieri di grappa fra le mani. Le loro risate collettive, quegli occhi-premio e il loro applauso finale mi hanno fatto capire all’istante che era quello che volevo fare. La ricaduta pubblica della poesia, la condivisione del mio immaginario con gli altri, filtrato solo dal linguaggio poetico.
Sei uno dei portavoce del Poetry Slam in Italia. Hai voglia di spiegare a noi profani di cosa si tratta?
Il poetry slam è una gara di poesia tra poeti con una giuria popolare estratta a sorte tra il pubblico. I poeti leggono le loro poesie, coadiuvati da un maestro di cerimonie, che conduce la serata. Il pubblico vota da 1 a 10, anche con i decimali, e alla fine delle manches si fa la somma dei punti per decretare il vincitore. È un modo divertente per divulgare la poesia e per i poeti di fare esperienza di palco. Questo tipo di eventi poi, nel mondo, ha creato un “genere” ancora poco indagato di poesia performativa o spoken word meno legato al testo scritto e più alla lettura espressiva, ad esempio Amanda Goreman ha letto una poesia per l’insediamento di Biden come presidente USA. Lei fa slam poetry.
Da quali esigenze socio-culturali nasce questa forma di poesia?
Credo che ci sia in noi il desiderio di condividere esperienze particolari, e renderle ancora più particolari attraverso la poesia, riunirsi in comunità e ascoltare gli altri coi loro diversi modi di essere ed agire fa emergere le radici comuni di ogni dettaglio. Senza rinunciare al sentirsi speciali e unici, anzi, esserlo tutti assieme. E poi si ride e si piange, si riflette e si beve molto. Tipo rituale pagano di espiazione. In molti hanno provato a mettere il poetry slam prima di un concerto o di una serata di ballo, è quasi impossibile. Dopo un poetry slam sei così pieno che tutta la community si riversa fuori dal locale per conoscersi in virtù dell’esperienza vissuta, stando a chiacchierare anche tutta la notte. I poeti che ritornano a casa il mattino dopo il poetry slam, sono i nuovi raver.



Quando ci hai detto che avresti intrapreso una camminata da Torino a Venezia abbiamo pensato che fosse una follia, ma quando abbiamo scoperto che porterai con te la tua poesia, ci è parsa una follia geniale. Parlaci di ”The Walking Poet”…
Ho perso tutto con questa pandemia, i miei spettacoli, i miei ritmi, soldi buttati in un tour saltato, ho perso il mio amico Nebbiolo, fondamentale, che per me significava Torino, la città ancora nuova che ho scelto come casa. Non ho perso i chili di troppo invece, ma ho perso la voglia di muovermi. Ho toccato il fondo, dopo la seconda caviglia slogata in due mesi, ho contattato una personal trainer, Maria Cristina Pini, che grazie alla sua gentilezza e professionalità mi ha fatto rinascere. Sapevo che il mio corpo era l’unica certezza rimasta quando il mio dialogo interiore andava giù negli spazi più bui della mente, col rischio di rimanere lì, la consapevolezza corporea mi faceva ricominciare da un punto nel caos, come un salvataggio di un videogioco. Non devi rifare tutto, ricominci da lì. The Walking Poet non è una camminata di uno super allenato con le motivazioni giuste che sa cosa comprare da Decathlon. È una battaglia di una guerra personale col proprio corpo, è una performance, mascherata da evento fighetto. Perché a me piace così, intrattenere mostrando a tutti le mie fragilità, senza aggiungere pesantezza, come un pagliaccio, lacrima e sorriso sullo stesso volto. Spero molto che nel condividere questo anche altri si mettano in gioco, sia dal punto di vista artistico, come ho fatto con altre iniziative, sia come ora, dal punto di vista fisico.
Come se fossi il nuovo protagonista di una campagna della Nike, porti avanti il messaggio “Just do it”. Pensando ai km che dovrai affrontare, hai mai temuto di non farcela?
Direi “entra nel flusso” tipo “walk the flow” o come da sottotitolo del mio progetto “Cammina, brucia, declama”. Cioè fai quello che ti piace prendendoti cura di te. Mi spaventa solo a dirlo. Perché la mia indole ad ora è quella di stare sul divano o nel letto con la stanza illuminata solo dallo schermo e gli occhi sbarrati. Ma mi sono teso una trappola, di quelle che cadi nella botola tipo Goonies e alla fine è una giostra, un’avventura. Mi tendo spesso delle trappole, non so se lo psicologo consiglierebbe di fare la stessa cosa. Credo che alla poesia sia stato tolto il suo cuore più entusiasmante, la poesia è principalmente un’avventura o viaggio di scoperta, elettrizzante, nel linguaggio e nelle azioni. È una trappola in cui cadi, la botola nel palco di un mago, l’armadio di Narnia, il binario segreto di Harry, una leva a forma di libro.
Come intendi festeggiare una volta arrivato a Venezia? (Covid permettendo)
Arriverò alla libreria Marco Polo, ho già chiesto un microfono e molto vino bianco da frigo.
Una frase che ti rappresenta?
“Più intrepido che intelligente” l’ho anche usata come bio minimale di Tinder. Come si vede dalla locandina di The Walking Poet, curata dalla splendida amica e artista visiva Monica Torasso, il passo è (sempre) più lungo della gamba.

Tutti possiamo contribuire alla nobile causa di questo progetto donando una piccola somma alla campagna crowdfunding dedicata che partirà da domani sulla piattaforma Eppela.
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