Le lacrime non hanno colore
Siamo tutti essere umani
‘’Sogno che un giorno i miei quattro figli vivano in una nazione in cui non sono giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere.’’

A quasi 60 anni dal celebre discorso di Martin Luther King tutto questo è ancora un sogno.
Il mondo intero è in lacrime di fronte alle discriminazioni razziali che tuttora macchiano di sangue la nostra civiltà. La brutalità dell’omicidio di George Floyd, soffocato da un poliziotto del Minneapolis (Minnesota) lo scorso 25 maggio, è la goccia che ha fatto traboccare un vaso pregno di quattrocento anni di oppressione, riversando per strada milioni di attivisti a sostegno di Black Lives Matter – il movimento internazionale nella lotta al razzismo sistematico nei confronti dei neri. BLM è una vera e propria call-to-action e, conforme agli obiettivi delle sue fondatrici Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi, ”uno strumento per creare un mondo in cui i neri sono liberi di esistere”.
L’organizzazione è sostenuta da volti noti come John Lewis, icona dei diritti civili afroamericani degli anni ’60, che in seguito al video del poliziotto inginocchiato sul collo di Floyd per più di otto minuti ha dichiarato: ”è stato così doloroso che mi ha fatto piangere”. Dopo aver dedicato la sua vita a combattere il razzismo con un messaggio di non-violenza ispirato a Martin Luther King, Lewis si è recentemente spento per un tumore all’età di 80 anni.



Siamo tutti esseri umani. Quando piangiamo,
le nostre lacrime hanno lo stesso colore.

La razza non è un dato biologico, ma un costrutto sociale che ci impedisce di vedere l’umanità delle persone. A livello scientifico il colore della pelle non è altro che l’espressione dell’adattamento umano agli ambienti circostanti: maggiore la vicinanza all’equatore, maggiore la necessita di produrre eumelanina – un pigmento che va dal marrone scuro al nero.
Nonostante ciò, il concetto (ormai obsoleto) di razza viene implicitamente accettato e istituzionalizzato già dalle fondamenta della nostra società, come dimostra l’articolo 2 della dichiarazione universale dei diritti umani che recita così: ‘’ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.’’
Identificare i moventi che hanno spinto l’uomo, malgrado l’assenza di fondamenta scientifiche, a creare questa classificazione sociale è abbastanza semplice, ma capire perché faccia ancora parte del nostro presente è compito ben più arduo. Da sempre l’utilizzo di definizioni tassonomiche ci aiuta a comprendere la vastità dell’universo. Nello specifico, la necessità di delineare i diversi tipi di etnie trova le sue radici nella Teoria dell’Identità Sociale di Tajifel e Turner (1979), che illustra come la mente umana costruisca ‘’categorie di appartenenza’’ volte a proiettare una visione semplificata del mondo. Il processo cognitivo alla base è innato e si manifesta già in età infantile, ma si trasforma in razzismo solo quando incontra un contesto che attribuisce una gerarchia sociale a tali stereotipi.
Presi dalla mania di etichettare tutto ciò che ci circonda, ci dimentichiamo che la diversità rende la nostra società più interessante, pluralistica e ricca. Pertanto, le differenze dovrebbero essere valorizzate, non censurate o temute.
Sogno che un giorno neanche più una lacrima sia versata per colpa di un pregiudizio.

Editor & Art Director: Giorgia Ribaldone
Photographer: Matt Sclarandis
Mua: Sara Zampirollo
Model: Lena Bussolino
Model: Aminata Diop
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Le lacrime non hanno colore
Siamo tutti essere umani
‘’Sogno che un giorno i miei quattro figli vivano in una nazione in cui non sono giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere.’’

A quasi 60 anni dal celebre discorso di Martin Luther King tutto questo è ancora un sogno.
Il mondo intero è in lacrime di fronte alle discriminazioni razziali che tuttora macchiano di sangue la nostra civiltà. La brutalità dell’omicidio di George Floyd, soffocato da un poliziotto del Minneapolis (Minnesota) lo scorso 25 maggio, è la goccia che ha fatto traboccare un vaso pregno di quattrocento anni di oppressione, riversando per strada milioni di attivisti a sostegno di Black Lives Matter – il movimento internazionale nella lotta al razzismo sistematico nei confronti dei neri. BLM è una vera e propria call-to-action e, conforme agli obiettivi delle sue fondatrici Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi, ”uno strumento per creare un mondo in cui i neri sono liberi di esistere”.
L’organizzazione è sostenuta da volti noti come John Lewis, icona dei diritti civili afroamericani degli anni ’60, che in seguito al video del poliziotto inginocchiato sul collo di Floyd per più di otto minuti ha dichiarato: ”è stato così doloroso che mi ha fatto piangere”. Dopo aver dedicato la sua vita a combattere il razzismo con un messaggio di non-violenza ispirato a Martin Luther King, Lewis si è recentemente spento per un tumore all’età di 80 anni.



Siamo tutti esseri umani. Quando piangiamo, le nostre lacrime hanno lo stesso colore.

La razza non è un dato biologico, ma un costrutto sociale che ci impedisce di vedere l’umanità delle persone. A livello scientifico il colore della pelle non è altro che l’espressione dell’adattamento umano agli ambienti circostanti: maggiore la vicinanza all’equatore, maggiore la necessita di produrre eumelanina – un pigmento che va dal marrone scuro al nero.
Nonostante ciò, il concetto (ormai obsoleto) di razza viene implicitamente accettato e istituzionalizzato già dalle fondamenta della nostra società, come dimostra l’articolo 2 della dichiarazione universale dei diritti umani che recita così: ‘’ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.’’
Identificare i moventi che hanno spinto l’uomo, malgrado l’assenza di fondamenta scientifiche, a creare questa classificazione sociale è abbastanza semplice, ma capire perché faccia ancora parte del nostro presente è compito ben più arduo. Da sempre l’utilizzo di definizioni tassonomiche ci aiuta a comprendere la vastità dell’universo. Nello specifico, la necessità di delineare i diversi tipi di etnie trova le sue radici nella Teoria dell’Identità Sociale di Tajifel e Turner (1979), che illustra come la mente umana costruisca ‘’categorie di appartenenza’’ volte a proiettare una visione semplificata del mondo. Il processo cognitivo alla base è innato e si manifesta già in età infantile, ma si trasforma in razzismo solo quando incontra un contesto che attribuisce una gerarchia sociale a tali stereotipi.
Presi dalla mania di etichettare tutto ciò che ci circonda, ci dimentichiamo che la diversità rende la nostra società più interessante, pluralistica e ricca. Pertanto, le differenze dovrebbero essere valorizzate, non censurate o temute.
Sogno che un giorno neanche più una lacrima sia versata per colpa di un pregiudizio.

Editor & Art Director: Giorgia Ribaldone
Photographer: Matt Sclarandis
Mua: Sara Zampirollo
Model: Lena Bussolino
Model: Aminata Diop
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Le lacrime non
hanno colore
Siamo tutti essere umani
‘’Sogno che un giorno i miei quattro figli vivano in una nazione in cui non sono giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere.’’

A quasi 60 anni dal celebre discorso di Martin Luther King tutto questo è ancora un sogno.
Il mondo intero è in lacrime di fronte alle discriminazioni razziali che tuttora macchiano di sangue la nostra civiltà. La brutalità dell’omicidio di George Floyd, soffocato da un poliziotto del Minneapolis (Minnesota) lo scorso 25 maggio, è la goccia che ha fatto traboccare un vaso pregno di quattrocento anni di oppressione, riversando per strada milioni di attivisti a sostegno di Black Lives Matter – il movimento internazionale nella lotta al razzismo sistematico nei confronti dei neri. BLM è una vera e propria call-to-action e, conforme agli obiettivi delle sue fondatrici Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi, ”uno strumento per creare un mondo in cui i neri sono liberi di esistere”.
L’organizzazione è sostenuta da volti noti come John Lewis, icona dei diritti civili afroamericani degli anni ’60, che in seguito al video del poliziotto inginocchiato sul collo di Floyd per più di otto minuti ha dichiarato: ”è stato così doloroso che mi ha fatto piangere”. Dopo aver dedicato la sua vita a combattere il razzismo con un messaggio di non-violenza ispirato a Martin Luther King, Lewis si è recentemente spento per un tumore all’età di 80 anni.

Siamo tutti esseri umani.
Quando piangiamo,
le nostre lacrime hanno
lo stesso colore.

La razza non è un dato biologico, ma un costrutto sociale che ci impedisce di vedere l’umanità delle persone. A livello scientifico il colore della pelle non è altro che l’espressione dell’adattamento umano agli ambienti circostanti: maggiore la vicinanza all’equatore, maggiore la necessita di produrre eumelanina – un pigmento che va dal marrone scuro al nero.
Nonostante ciò, il concetto (ormai obsoleto) di razza viene implicitamente accettato e istituzionalizzato già dalle fondamenta della nostra società, come dimostra l’articolo 2 della dichiarazione universale dei diritti umani che recita così: ‘’ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.’’
Identificare i moventi che hanno spinto l’uomo, malgrado l’assenza di fondamenta scientifiche, a creare questa classificazione sociale è abbastanza semplice, ma capire perché faccia ancora parte del nostro presente è compito ben più arduo. Da sempre l’utilizzo di definizioni tassonomiche ci aiuta a comprendere la vastità dell’universo. Nello specifico, la necessità di delineare i diversi tipi di etnie trova le sue radici nella Teoria dell’Identità Sociale di Tajifel e Turner (1979), che illustra come la mente umana costruisca ‘’categorie di appartenenza’’ volte a proiettare una visione semplificata del mondo. Il processo cognitivo alla base è innato e si manifesta già in età infantile, ma si trasforma in razzismo solo quando incontra un contesto che attribuisce una gerarchia sociale a tali stereotipi.
Presi dalla mania di etichettare tutto ciò che ci circonda, ci dimentichiamo che la diversità rende la nostra società più interessante, pluralistica e ricca. Pertanto, le differenze dovrebbero essere valorizzate, non censurate o temute.
Sogno che un giorno neanche più una lacrima sia versata per colpa di un pregiudizio.

Editor & Art Director: Giorgia Ribaldone
Photographer: Matt Sclarandis
Mua: Sara Zampirollo
Model: Lena Bussolino
Model: Aminata Diop